Il Giardino di Elizabeth

Cari sognatori distratti, negli ultimi anni l’editore Bollati e Boringhieri mi ha fatto un dono speciale, ristampare tutti i romanzi della Elizabeth Von Arnim, o forse dovrei dire Mary Annette Beauchamp, cugina di Katherine Mansfield, (chissà cosa si dicevano nelle feste comandate – avrei tanto voluto essere una mosca, accidenti!) e amante di H.G. Wells, così giusto per non farsi mancare nulla!.

Ma torniamo alla nostra vita di tutti i giorni, che migliora leggendo. Ebbene, potete tranquillamente leggere i suoi romanzi, sono godibili, sagaci, e adoro il suo humor! Tuttavia, qui, oggi ci concentriamo su “Il giardino di Elizabeth”. Chissà perché, credevo di leggere il resoconto di una contessa alle prese con “l’operosa” attività del dover progettare e realizzare il giardino della propria residenza, invece, d’un tratto, già alle prime pagine mi è venuto un dubbio: ma sta parlando di giardinaggio o di scrittura?

Progettare un giardino con premeditata attenzione ai particolari, per esaltare gli effetti scenici, colori, tempi di fioritura differenti, con cui sorprendere, emozionare, chi si sarebbe addentrato? Oppure, ci parla di linguaggio, di scrittura? Di scelta meditata del tema e della parola? Le due attività si fondono tra di loro, mentre a noi presenta il giardino, in realtà nella sua mente esplora con metodo, le tecniche per la preparazione di un’opera.

Leggiamo le sue parole, “la beatitudine di starmene sola com’ero sola allora!”. Rievoca e anela ancora quella solitudine. La condizione perfetta per creare. Quando si ama scrivere, la solitudine è ricca, piena, sublime, libertà assoluta.

Ruba il tempo, ladra di angoli di solitudine per dedicarsi a ciò che davvero conta per lei, studia il plot del giardino, o le scene di un romanzo, qui tutto si confonde alla perfezione. (Detto tra noi, lo fatto anch’io svariate volte, fingo di avere degli impegni e poi, invece mi nascondo nei boschi o a bordo dell’auto a leggere o scrivere, eludere, svicolare, fingere distrazione, tutte tecniche dello scrittore). Già , perché la scrittura è tecnica rigorosa, come il giardinaggio. Elisabeth docet: “Spesso mi sono chiusa a chiave da sola in una stanza, lasciando fuori tutti i miei doveri non ancora portati a termine, per studiare i cataloghi dei fiori e compilare la mia lista dei semi e degli arbusti e degli alberi della primavera. Con il Dovere che ringhia astioso dall’altra parte della porta. Sono settimane che lo sto progettando, ed è tutt’altro che finita. Voglio che sia una successione di magnificenza da maggio fino al gelo“.

E ancora, pazienza, nessuna eccitazione, sapere aspettare. Così nasce un grande scrittore! “Non lasciatevi mai prendere dall’eccitazione. Non mostratevi contente, interessate, e soprattutto non mostratevi impazienti. Su ogni tratto del vostro volto dovrebbe essere dipinta una calma indifferenza. Siate distaccate, languide e riservate”.

Accettare le critiche sincere. “Ama anche la scortesia, perché la scortesia spesso è verità”.

Quando pensi di aver raggiunto la meta, ricordati che puoi solo migliorare. “Quando raggiungi un piccolo paradiso, momento felice ricorda che ogni paradiso ha il suo serpente”.

E infine, un luogo sicuro dove vivere in pienezza. Ma stiamo parlando del giardino, di un bosco, della libreria o di una biblioteca? (Scegliete voi, a me vanno bene tutte le opzioni!) Dove sono i nostri amici più cari? “È là che tutti i miei peccati e le mie stupidaggini sono perdonate, là che mi sento protetta e a mio agio, e ogni fiore, ogni erba è un amico e ogni albero è un amante. Ha mai avuto una donna così tanti amici? E sempre gli stessi, sempre pronti a darmi il benvenuto e a colmarmi di pensieri gioiosi.”

Da ultimo, vi dico che nelle pagine incontrerete anche L’uomo della collera, suo marito. Non vi dico il perché di questo appellativo, scopritelo da soli, vi posso solo dire che lo amava!

Per approfondimenti: Bollati e Boringhieri.

Buona lettura cari sognatori distratti, al prossimo giovedì con l’appuntamento per la rubrica “Le Conversazioni”.